Una delle cose che mi ha sempre infastidito del modo in cui usiamo Internet è che, dopo un mastodontico passo avanti fatto grazie al Cluetrain Manifesto – il documento (rivisto di recente) che ha infranto oltre 50 anni di silenzio dei consumatori e che ha contribuito a lanciare il mercato interconnesso – non ci sono stati altri progressi degni di nota.
Con la nascita dei social media (grazie Dell Hell), i Brand hanno capito velocemente che avevano perso la fiducia del loro pubblico sui tradizionali canali di advertising, quindi prima hanno rigato dritto per un po’ e poi hanno letteralmente preso il controllo dei social media trasformandoli in commercial media.
A causa della mancanza di qualsiasi innovazione di spessore, oltre a una tecnologia di personalizzazione a volte inquietante (che non è altro che pubblicità travestita da tecnologia) o all’ascesa dell’influencer marketing (che non è altro che pubblicità con indosso dei jeans per 18enni), le aziende che vogliono vendere i propri prodotti e servizi non possono fare altro che vomitare grandi quantità di snack content su un numero sempre più ridotto di piattaforme, addosso a un pubblico sempre più passivo.
E se tutti fanno la stessa cosa sulle stesse piattaforme non neutrali, la legge dei rendimenti decrescenti dice che può esserci un solo vincitore.
Eppure molte attività continuano a investire budget prefissati e sempre più alti proprio sui social, convinte altrimenti di apparire vecchie e fuori dal mondo.
Se ci pensate non è poi così sorprendente. Dato che siamo tutti vittime del nostro stesso ragionamento circolare (o, come dice correttamente Dave Gray, di una logica auto-sigillante), i Brand e le agenzie hanno semplicemente smesso di considerare l’idea di poter provocare il mercato in maniera diversa.
Ottimizzare Internet per un solo obiettivo lo de-ottimizza per tutti gli altri.
Con una tale mancanza di innovazione da un lato, e la crescita esponenziale delle possibilità di scelta dall’altro (la diversità del mercato, quella sì, che si è evoluta), è davvero difficile per i nuovi arrivati farsi notare, a meno che questi non riescano a sfruttare con successo o persino a ignorare i trend di massa.
La cosa che forse non vi aspettavate, è che tutto ciò funziona per entrambe le parti. La stessa logica che si applica ai Brand, vale di fatto anche per le agenzie creative.
Ma il mondo creativo è pronto alla rivoluzione?
Io credo di sì, solo che nessuno ci ha ancora pensato seriamente. Proprio come quando il Social Web ha iniziato a formarsi, le aziende e le loro agenzie stanno facendo finta di niente, perché al momento non esiste un vero piano economico che la renda possibile.
O forse sì.
Nel corso degli ultimi 40 anni, abbiamo vissuto nell’era dell’Internet dell’informazione; ora, con la Blockchain, stiamo arrivando a quella dell’Internet del valore.
Credo che un’idea da considerare sia proprio quella di esplorare il concetto alla base della Blockchain per poi applicarlo alle agenzie creative e al mondo pubblicitario.
Prima di tutto, l’assoluta trasparenza nell’etica professionale garantita tra agenzie e clienti spazzerebbe via quella fama di ciarlatani attaccata da decenni addosso a tutti i fuoriclasse che lavorano nel marketing.
Secondo, la decentralizzazione del valore decentrerebbe allo stesso modo il talento creativo. Strutture (e professionisti) potrebbero finalmente essere giudicati in base alle loro capacità e non a dove si trovano, e questo rilascio di talento sul mercato creerebbe più competizione e alzerebbe gli standard in generale.
Terzo, l’attribution. Il Santo Graal di qualsiasi piano di comunicazione, attraverso il quale i Brand possono collegare direttamente le vendite al cliente finale grazie agli investimenti fatti, finalmente diventerebbe una realtà al di fuori di Facebook.
Quarto e non ultimo, provate a immaginare un mondo creativo basato sulla meritocrazia più che sulla geografia e la convenienza. Immaginate la varietà di soluzioni creative che nascerebbero una volta che la scatola che ci limita non esistesse più?
Certo, chi detiene il potere non sarebbe affatto d’accordo con questo cambiamento, ma forse forse, tutto ciò creerebbe una vera opportunità per il resto di tutti noi.
Qualche parere?
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